
- Evento
Il fascino della Falanghina
- Giovedì 29 maggio, ore 20.00
- Ristorante da Cosimo & Mary, Cervia
- 58 euro soci, 70 euro non soci
- Pagamento
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La Falanghina di Villa Matilde
Il Vitigno
La Falanghina è insieme all’Aglianico il vitigno più legato alla viticultura campana. Come tale varietà deve essere arrivata con i primi coloni greci nei Campi Flegrei prima di diffondersi in tutta la regione. I suoi sinonimi Uva Falerna e Falernina fanno pensare che questo vitigno venisse usato per produrre l’antico e mitico Falerno (III sec. A.C. – II sec. A.c.)(Falernum) anche se le testimonianze arrivate a noi non danno l’assoluta certezza.
L’etimologia del suo nome deriva dal sostantivo latino Falange, ossia i pali di sostegno allora utilizzati a sostenere la vite. Stranamente per un vitigno così antico non ha subito nell’arco dei secoli grandi contaminazioni linguistiche, ancora oggi i sinonimi Falenghina, Fallenghina, Fallanghina, Fallenchina, e Falanchina sono semplici inflessioni dialettali con eccezione del termine Biancazita che sembra essere un sinonimo di Ginestra (altro vitigno campano).
Falanghina Bianca, Falanghina Bastarda, Falanghina Verace, Falanghina Mascolina o Piccola sono i vari nomi che nei secoli ha avuto anche in base a dove veniva coltivata. Ad oggi le analisi del DNA distinguono solamente la Falanghina Flegrea dalla Falanghina Beneventana.
Il vitigno era stato abbandonato durante i secoli poi essendo uno dei pochi non attaccato dalla Filossera è stato rivalutato e spesso viene allevato a piede franco.
Si coltiva in zone caratterizzate da un clima caldo e molto secco e si caratterizza per la grandezza dei suoi grappoli e gli acini dalla buccia spessa e robusta.
Si coltiva generalmente su potatura a Guyot.
Il Vino
Di colore giallo paglierino con lievi riflessi verdolini, al naso presenta note floreali, fruttate e iodate. Al palato è morbido, fresco, delicato e con ottima acidità. Oltre a essere comunemente usato come vino da uso quotidiano si presta a essere spumantizzato e anche all’appassimento delle sue uve.
Villa Matilde Avallone
La storia di questa cantina comincia negli anni ’60 con Francesco Paolo Avallone, avvocato e appassionato di storia e di vini antichi, interessato dai racconti di Plinio e dei versi di Virgilio, Orazio e Marziale sul Vinum Falernum decise di riportare il leggendario vino scomparso al principio del secolo scorso. In collaborazione con un gruppo di amici tra cui alcuni docenti della Facoltà di Agraria dell’Università di Napoli, individuò, dopo anni di studio le viti che avevano dato vita al Falerno in epoca romana. Pochi ceppi sopravvissuti alla devastazione della filossera di fine ottocento. Vennero reimpiantati con l’aiuto di pochi contadini locali nel territorio del Massico dove un tempo prosperava e fondò Villa Matilde Avallone. Oggi l’azienda è guidata dai figli di Francesco Paolo: Maria Ida e Salvatore. Loro proseguono il lavoro del padre e allargando l’azienda nel 2004 in provincia di Avellino inaugurando la Tenuta di Pietrafusa nel distretto delle DOCG irpine.
L’azienda, di 100 ettari dei quali 70 ettari vitati si trova alle pendici del vulcano spento di Roccamonfina da cui si lega dal punto di vista del territorio, cultura e tradizioni. I vitigni coltivati sono Aglianico e Piedirosso dai quali si ottiene il Falerno Rosso e l’uva Falanghina da cui nasce il Falerno Bianco.
Siamo nelle zone più a nord della provincia di Caserta con un terroir dove si mescolano note minerali dovute alla natura vulcanica, con note marine e salmastre in delicato equilibrio. La catena montuosa protegge i vigneti dall’aggressione del vento e dal freddo generando un microclima ideale.
