
Una MAGNIFICA(T) serata
Raccontare trent’anni di storia del Magnificat, vino icona della Romagna, è un’impresa non facile. Ho assistito personalmente alla nascita di questo vino e la sua storia è talmente ricca di aneddoti che cercherò di essere il più coerente possibile, senza lasciarmi trasportare dalle emozioni. Venerdì 9 maggio, presso la sede AIS di Cesena, i fratelli Ida Vittoria ed Enrico, titolari insieme alla madre Giovanna Gelmi Drei Donà, dell’azienda “Tenuta la Palazza”, ci hanno guidato in una straordinaria verticale di Magnificat, uno dei vini simbolo dell’azienda.
La storia dell’azienda
La Tenuta la Palazza è di proprietà della famiglia dal 1923, quando il trisnonno coltivava principalmente frutteti e seminativi con gestione a mezzadria. La svolta vitivinicola si deve a Claudio Drei Donà, stimato avvocato e padre degli attuali proprietari. Nel 1984, spinto dalla passione per i grandi Bordeaux, abbandonò l’attività forense per dedicarsi anima e corpo a questo progetto: creare un vino all’altezza dei più blasonati château francesi. Con la collaborazione del noto enologo Franco Bernabei, si fece spedire da un produttore amico di Bordeaux le barbatelle di Cabernet Sauvignon necessarie per impiantare un unico vigneto di poco più di due ettari. All’epoca, il vitigno non era tra quelli autorizzati in Romagna, costringendo Claudio a mantenere “nascosta” la sua vera identità.
L’evoluzione del Magnificat
Le prime vinificazioni, dal 1984 al 1988, furono sperimentali. Tra il 1989 e il 1991 nacquero le prime bottiglie di Magnificat, commercializzate come semplice Vino da Tavola. Dal 1992, con l’autorizzazione del vitigno, il vino divenne Forlì IGT Cabernet Sauvignon. Furono anni di grandi riconoscimenti: il Magnificat si distinse in comparazioni con blasonati vini bordolesi e californiani, portando l’attenzione su un’azienda emergente in un territorio poco conosciuto. Inizialmente, i produttori locali guardavano con scetticismo questa realtà che utilizzava vitigni internazionali (Chardonnay, Riesling, Cabernet Sauvignon) con idee innovative. Il tempo ha dato ragione all’intuito di Claudio, purtroppo prematuramente scomparso.
La nuova generazione
Mentre Enrico era già inserito in azienda, Ida Vittoria si dedicava con passione all’equitazione, diventando un’amazzone stimata a livello nazionale. Tutti i vini aziendali portano i nomi dei suoi amati cavalli, ad eccezione del Lillybet, dedicato ai due cani di famiglia. Oggi, quella stessa passione e precisione caratterizzano il suo approccio enologico: dopo che la precedente enologa ha intrapreso un percorso diverso, Ida Vittoria ha assunto a tempo pieno la gestione di vigna, vendemmia e cantina.
Il terroir e la produzione
I 23 ettari di vigneti si estendono in un unico blocco a 150 metri s.l.m., su terreni composti per il 57% da argille e sabbia. La posizione privilegiata, ventilata da leggere brezze marine e protetta dalla collina retrostante, crea un microclima ottimale. Come sottolinea Enrico, i vigneti quarantenni mostrano maggiore resistenza ai cambiamenti climatici rispetto agli impianti più giovani.
La produzione totale raggiunge circa 120.000 bottiglie, di cui il 40% destinato all’export. Il Magnificat mantiene costante la sua produzione intorno alle 8-10.000 bottiglie annue, seguendo un rigoroso equilibrio tra vigna, cantina e vino. La maturazione avviene per 24 mesi in barriques di rovere francese (60% nuove, 40% di secondo e terzo passaggio), seguita da almeno un anno di affinamento in bottiglia.


Le annate degustate
2020 – Rubino splendente con fittezza cromatica impenetrabile. Al naso esplodono frutta rossa e nera, mora e ribes, integrate con note vegetali di menta, geranio e peperone. Il corredo speziato e vanigliato arricchisce la complessità. Al palato è dinamico ma equilibrato, con tannini succosi che mitigano la componente alcolica. Chiusura persistente ed elegante, con rimandi di liquirizia.
2018 – Colore dal rubino al carminio con notevole consistenza. Naso concentrato di frutti neri maturi e in confettura, erbe officinali, note mentolate e balsamiche, spezie di pepe e chiodi di garofano. Struttura importante con tannino di spessore, saporito ma mai invadente. La freschezza suggerisce un lungo potenziale evolutivo.
2010 – Granato con riverberi aranciati, esprime maggior fluidità alla rotazione. Bouquet terziario complesso: prugna cotta, liquirizia, cacao, corteccia e cuoio, seguiti da note di sottobosco, fungo e tabacco. Perfetto equilibrio gustativo con tannino risolto e freschezza sobria.
2001 – Granato limpido con riflessi aranciati. Dopo adeguata ossigenazione emergono note di sottobosco, fungo, castagna cotta, spezie scure, frutta secca e cuoio. Al gusto presenta tannini polimerizzati, freschezza ancora presente che stempera l’effetto pseudo-calorico. Chiusura su mela cotogna e leggere note di goudron.
1998 – Sfumature intriganti meno evolute rispetto all’annata. La lunga permanenza in bottiglia ha preservato l’identità varietale: vegetale di pomodoro, liquirizia, sottobosco e vaniglia in complessità balsamica. Freschezza ancora viva che stimola il sorso, tannini distesi creano equilibrio e persistenza.
1993 – La sorpresa della serata dopo oltre trent’anni. Naso ricco ed elegante, totalmente balsamico con spezie dolci, erbe officinali, menta secca, frutta disidratata e sottospirito. Assaggio stupefacente per equilibrio perfetto, sapidità e lunghezza. Un capolavoro di longevità.
2021 (Anteprima) – Prima annata interamente seguita da Ida Vittoria, con leggere innovazioni: 80% barrique, 20% anfora. Amaranto con riflessi rubino, fitto e consistente. Intenso di ribes nero, more di gelso, fragolina di bosco, arancia rossa, viola e peonia. Note vegetali di erbe aromatiche e menta fresca ben dosate con vaniglia e tabacco. Tannino dolce che dona struttura, sorprendente bevibilità nella sua gioventù.
Conclusioni
Un plauso a Ida Vittoria ed Enrico: due personalità complementari che incarnano perfettamente l’anima dell’azienda. Enrico dinamico e guascone, Ida precisa e attenta – i loro bonari sfottò durante la serata hanno evidenziato un’intesa perfetta verso un obiettivo comune. Ringraziamenti ai coordinatori Giovanni Solaroli e Raffaele Nanni, che ha concluso sottolineando come anche la Romagna abbia il suo “Principe”, con un elegante parallelo tra il mondo del vino e quello equestre.